Trattandosi di un grande imbottigliatore (V.E.B. Spa di Bardolino, VR), durante le mie ricerche non ho ottenuto informazioni in merito all’uvaggio e nemmeno ai metodi di lavorazione e vinificazione di questo vino.
Dalla lettura dell’etichetta emerge unicamente trattarsi di Nero D’Avola in prevalenza, presente per almeno l’80%.
Il Nero D’Avola è l’uva a bacca rossa più rappresentativa e diffusa della Sicilia ma non è la varietà di uva più coltivata nella regione.
Questo primato spetta infatti all’uva bianca Catarratto che è una delle varietà più coltivate sull’intero territorio nazionale – malgrado sia presente praticamente solo in Sicilia (e probabilmente in molti non l’hanno mai sentita nemmeno nominare ahahah) – e il cui nome significa appunto “abbondanza”.
Il Nero d’Avola è un’uva che generalmente offre vini che hanno una buona presenza alcolica, una piacevole trama tannica ed una discreta struttura. I risultati sono comunque molto diversi se coltivata nella parte orientale rispetto a quella occidentale dell’isola.
Torniamo adesso sulle note del nostro “Corte Aurelio” e vediamo nel dettaglio cosa è emerso dalla degustazione.
Alla vista si presenta con un colore rosso porpora piuttosto carico, dai riflessi rubino.
Al naso non offre grande intensità e nemmeno troppa eleganza; da una prima olfazione percepisco note di un bouquet floreale (che però non riesco a cogliere nel dettaglio) ai quali si legano richiami di frutta rossa matura con accenni alla prugna e alla mora. Fa da sfondo una piacevole vena minerale.
Con l’areazione si apre maggiormente ed emerge un aspetto etereo più importante che ricorda la frutta sotto spirito, quindi un piacevole richiamo balsamico accompagnato da una componente di pepe nero appena pungente.
Questo è un vino che deve respirare qualche minuto per esprimersi al meglio e dopo ulteriore areazione emergono richiami terziari di torrefazione e caffè.
In bocca il sorso è snello e non particolarmente intenso. Spinge su una vena acida più importante che primeggia su alcolicità e tannicità presenti e ben integrate.
Sul piano dell’eleganza non guadagna punti ma ritorna fedelmente quanto percepito al naso: note di frutta matura, richiami minerali ed un accenno speziato.
Il finale di bocca è poco persistente e piuttosto amaro, attenzione in abbinamento.
Non ho avuto purtroppo il piacere di provare la vendemmia 2018 che aveva ottenuto il riconoscimento di Gambero Rosso ma, posso presumere, che l’esperienza del panel di assaggio sia stata molto differente.
Ecco quindi un possibile chiaro esempio de “ad anno diverso corrisponde vino diverso”.